La prescrizione per l’azione di risarcimento del danno da malpractice sanitaria inizia a decorrere dal momento in cui si ha la percezione della malattia e non da quando la malattia si aggrava. Lo ha stabilito la Cassazione con l’ ordinanza n. 29760/2022 che ha confermato l’orientamento secondo cui il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità medico- chirurgica decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, primo comma, cod. civ., da quando “la malattia viene percepita o può esserlo, con l’uso dell’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo” (Cassazione, Sez. III, sentenza 23 settembre 2013, n. 21715; cfr. Cassazione- Sezioni Unite, sentenze 11 gennaio 2008 nn. 576, 577, 578, 579, 580, 581).
La vicenda trae origine dalla citazione depositata presso il Tribunale di Imperia il 27 dicembre 2017 con la quale un soggetto rimasto vittima di un incidente stradale aveva convenuto in giudizio la Asl di Imperia per sentirla condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a seguito degli interventi chirurgici a cui era stato sottoposto presso l’ospedale di Sanremo in data 24 settembre e 28 novembre 1991. Interventi che, secondo l’attore, avrebbero procurato la “lesione del plesso brachiale” da cui erano derivati ” residuati postumi invalidanti” manifestatisi al momento dell’aggravamento delle condizioni di salute (anni 2016- 2017). Da qui gli sviluppi del contenzioso. Il Tribunale aveva rigettato la domanda di risarcimento “per decorso del termine di prescrizione” sul rilievo che la lesione asseritamente posta in essere dai sanitari sanremesi in occasione degli interventi chirurgici eseguiti nel 1991 avrebbe dovuto essere denunciata all’esito di tali interventi, ossia “nel momento in cui l’attore avrebbe potuto, con l’uso dell’ordinaria diligenza, percepire e apprezzare la lesione medesima in tutta la sua rilevanza ed estensione (…) giungendo, anche attraverso le conoscenze scientifiche degli specialisti che lo avevano in cura, alla conclusione che la lesione era probabilmente da collegarsi all’ inadeguata condotta tenuta dai sanitari”. Decisione che la Corte di appello di Genova aveva integralmente confermato (sentenza n.1044/2021).
L’ordinanza della Cassazione
Nel ricorso proposto contro la pronuncia della Corte territoriale l’attore aveva sostenuto che quest’ultima non avrebbe tenuto conto né della documentazione versata ( tra cui i referti di un ulteriore intervento chirurgico dai quali era emersa la conferma della lesione inizialmente diagnosticata) né “dell’aggravamento delle condizioni di salute verificatosi negli anni 2016-2017”. Tesi che il Supremo Collegio ha respinto dichiarando il ricorso “inammissibile” ed evidenziando che “la ricostruzione dei fatti e l’apprezzamento delle prove è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione dei risultati probatori ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, dei mezzi di prova ritenuti più idonei a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi” (cfr. Cassazione: Sez. VI, ordinanza 4 luglio 2017, n. 16467; Sez. I, sentenza 23 maggio 2014, n. 11511; Cassazione, Sez. Lavoro, sentenza 13 giugno 2014, n. 13485).